Panchina a dondolo
“Fannullone! Sei un parassita!” Le disse la moglie lanciandogli dietro le consunte pantofole, cacciandolo di casa dopo l’ennesimo pomeriggio trascorso morbidamente sul divano.
E dove si potrebbe rifugiare nella tumultuosa metropoli un tale esemplare d’uomo, ormai fuori dalla sua placida casa?
Se lo chiese lui per primo, ininterrottamente, gironzolando stordito tra i marciapiedi e le piazze della città, provando insoddisfatto a sedersi sui gradini, ad accucciarsi sulle panchine, cercando in ogni modo un comodo riparo. Provò anche sui dissuasori, tra i giochi dei parchi, ma non riusciva a ritrovare la sua quiete.
Si fermò allora pienamente stordito dal desiderio di comodità.
Poi si sedette.
E dolcemente sentì il corpo e i pensieri distendersi.
Si lasciò scivolare in avanti e reclinò il capo.
Piegò leggermente le ginocchia.
Stava dolcemente cominciando a cullarsi.
Un compiaciuto sorriso si aprì sul suo volto attraendo l’attenzione di alcuni passanti incuriositi.
Aveva trovato la panchina-dondolo.